MASSIMO TURLINELLI OVVERO DELLA COSTANZA DELLA RAGIONE di Ugo Barlozzetti

Nel ricchissimo panorama della produzione estetica contemporanea la cruna d'ago del sistema dell'arte e la sostanziale mancanza di adeguata informazione della maggior parte del pubblico ha finito per determinare selezioni assolutamente immotivate se non addirittura giocate sul ribaltamento della produzione estetica stessa. Qualcosa si sta muovendo nell'ambito del dibattito critico, ma il processo di mercificazione è andato così avanti che una vera lotta per la civiltà umana è connessa alla riappropriazione del ruolo delle arti. La superficialita' del consumismo come le guerre "a bassa intensità", ha l'effetto della legge di Gresham: la "moneta cattiva caccia quella buona". E se qualcuno pensa che questa citazione alluda al dollaro pensa bene. Il "sistema dell'arte" ha infatti privilegiato, portandoli a valori assurdi, proprio i prodotti controllati dai mercati statunitensi e "agganciandoli" a speculazioni di borsa che peraltro non hanno quasi alcun nesso con il pubblico. Ovviamente gli epigoni europei si adagiano sui cascami di questo sistema e l'Italia, tra gli ultimi, ha visto un'improvvisa attenzione istituzionale nei confronti di situazioni ormai culturalmente decotte da almeno un trentennio. Già, quest'Italia in via di rapida "bruttificazione" con una popolazione sempre più disinteressata, quando non indifferente nei confronti delle proprie origini, della propria civiltà e quindi del proprio futuro, diviene, per l'eccezionale patrimonio culturale ed ambientale, l'esempio del disastro incombente di un sistema di produzione che innanzitutto è costretto a negare la ragione e quindi l'umanità. In questo ambito si possono cogliere non solo la ricerca e l'attività di Massimo Turlinelli, ma anche un impegno etico che scaturisce dalla capacità di saper affrontare gli aspetti fondanti, le motivazioni del fare: già nella tecnica della grafica mette in evidenza e rivela la centralità di un controllo razionale, di un processo mentale che organizza la restituzione della visione, trovandone la verità più profonda della propria interpretazione, definendola a misura del proprio vissuto. E' in questa dimensione esistenziale che emerge il valore delle radici, della civiltà. L'afflato classico dell'antropocentrismo costruisce un metodo che inventa un nuovo modo dell'uso del computer giacchè diviene per Turlinelli strumento per traguardare spazi e impaginazioni rigorose fino al millimetro nell'universalità del rapporto di sezione aurea. Il mondo di Masaccio e di Piero Della Francesca, la loro utopia non è più retorica o citazione: come è avvenuto anche in altre stagioni e' l'avvio per la riconquista della comprensione del presente. Il colore che vive con la luce e' un altro elemento centrale dell'indagine e del segno di Turlinelli. Le ombre ritrovano assetti, spessori, inventano il tempo e l'ora, insieme ai cieli con gli orizzonti di operoso, epico, mistero. I colori primari, preferibilmente stesi a pastello, ricompongono l'universo cromatico e lo illuminano grazie ad un sapere antico giocato anch'esso come struttura "classica" ove ideare e "fare" si commisurano nella ricerca di stati d'animo introdotti da paesaggi interiori. Meditazione ed evocazione introducono ad un clima di autentica virtualità e concetto con l'elusione del bluff in vigore divenendone inevitabile denuncia e contrario. così emerge anche un aspetto di profondo dissenso e implicita polemica nelle opere di Turlinelli. Opere appunto che si pongono in opposizione alle reiterazioni − aspetto ben diverso dalla riproduzione − richieste dai mercanti secondo quantità "industriali", giacche' la loro realizzazione e' ottenuta in tempi adeguati all'intensità e alla densità creativa che invoca un'attenta valutazione ed una sintesi capace di assestarsi solo a livelli qualitativi molto alti, anche dal punto di vista della tecnica. L'indagine creativa s'avvale degli attingimenti del "pointillismo" di Signac e Seurat, non come "palestra" per l'uso del pastello o delle micromine, ma come relazione sia nei confronti della scienza al servizio dell'uomo, sia della necessità di conquistare la natura traducendola nella propria sfera emotiva, di memoria e di speranza. Il fascino dell'esperienza simbolista s'affaccia, discreto, come citazione implicita di un concettuale risolto nell'evocare letture che virtualmente si embricano tornando al modo antico della rappresentazione. Eppure anche questo è un aspetto dell'opera di Turlinelli che si sviluppa in continuum nella riflessione che lo vede protagonista. La natura, la percezione della natura, non solo è rivendicazione della ragione, ma anche motore della fantasia e dell'immaginare capace di farsi sogno, rivelatore del rapporto della cultura con la storia. La mente guida la mano nella stesura cromatica, le norme, verificate con la macchina, estrema protesi dell'operatore, organizzano e definiscono spazi e campiture, la produzione si materializza in sequenze scandite da titoli o numeri. La sensibilità del fare, la sua reificazione trova nell'albero − e la sua idea − la soglia comunicativa tra gli universi possibili della poesia. L'albero − preferibilmente pino o cipresso − è una sorta di filo conduttore, tema di meditazione e rivelatore anche di solitudini colte con nostalgia di sapore autenticamente romantico. Gli eventi, come gli interventi umani, sono solitamente espunti. Si finisce per scoprire l'accesso a processi mentali che ridefiniscono lo statuto dell'immagine nella purezza nitida di una visione metafisica. così "l'ombra sul terrapieno" risolve i paradossi ed ingiunge il riconoscimento della pregnanza della civiltà artistica d'Europa. I ritmi delle immagini costruiscono ed organizzano una scrittura, calligrammi che diventano nella raffinata chiarezza di una luce che crea colore, atmosfera, oltre a spazi, inventando ore e stagioni una melodia silente. La sacralità della natura, così periclitante, se non compromessa al punto d'accoglierla ormai nella visione utopica di una cultura pervicacemente ribelle, emerge solenne e sontuosa. La fruizione e l'empatia con l'opera di Turlinelli trasferiscono in mondi che non si credevano più raggiungibili, mentre si riverberano in echi e speranze, in denunce e sofferte commiserazioni. La tensione ed il rigore che la produzione richiede fa si' che sia rara, preziosa come la confessione del poeta, come il raggio riflesso dall'onda del mare dell'esistenza o come il canto all'alba del mondo. L'ingenuità primigenia, quella che costruisce i destini nuovi dell'umanità, l'ironia della semplicità forgiata dal rifiuto dell'opulenza che ottunde la tensione dell'intelligenza sono i veicoli offerti da Turlinelli per ritrovare l'entusiasmo della scoperta. La critica avvertita ed ufficiale, che impone con nuove trovate da almeno trenta anni la reinvenzione di pseudo rivoluzioni sempre più circoscritte ed elitarie sistematicamente assimilate e funzionalizzate a dare nuova linfa ad una cultura feticcio del potere, appare incapace di superare la cortina degli addetti ai lavori per riappropriarsi di un ruolo corrispondente alle necessità imcombenti. Gli esercizi di lettura di Massimo Carboni o gli interventi di Lea Vergine e di Ester Coen sembrano riaprire un dibattito che "passa" anche su alcuni quotidiani. Le più recenti sistematizzazioni sul XX secolo come quella di David Britt o di Silvia Ferrari hanno suscitato perplessità per un percorso che finisce negli U.S.A. Nel mare magnum del "sistema dell'arte" e in quello, ancor più periglioso ed esteso, del sottobosco della sottocultura le pulsioni modaiole del post-moderno, post-industriale, come graffitismi, transavanguardie stanno rivelando l'inconsistenza delle premesse. Il "grande gioco" di mercanti, collezionisti e critici ha l'inconsistenza, ormai, dell'inutilità, appendice di un mondo ove la produzione del capitale fittizio è diventata la principale attività del sistema. così la pertinenza dell'enigmatico al mistero, alla trasgressione utopica delle epifanie visive di Turlinelli approda alla possibilità di una comunicazione diretta ad una possibilità di riproduzione attraverso il mezzo elettronico che rende la Wunderkammer delle sue opere, "visitabile" e immediatamente acquisibile, senza mediazione. Altro che opere in video! Le tecnologie che permettono un nuovo approccio alle opere del passato sono utilizzate per il presente. Turlinelli costruisce l'enigma dell'esistere nella solitudine di una ragione nostalgica, tutta intensamente umana, intrisa di una colta poesia cantata con l'attenzione antica alla metrica. In tal modo l'opera si fa problema, segno del pensiero, capace di commemorare attraverso la stratificazione dei linguaggi e, al tempo stesso, soglia di straniamento e liberazione. Il nesso con la visibilità, la reificazione dell'intenzione non si risolve nel logocentrismo tipico di gran parte del "concettuale", ma si sviluppa per icone, sfuggendo all'anacronismo e concretizzando il proprio segno. I percorsi in cui si articola l'opera di Turlinelli non accettano alcun Baedeker dell'agire per inserirsi nei flussi desiderati o programmati, definiscono lo status non garantito di chi li ha affidati alla fruizione dimostrando, peraltro, come fare e sapere possano ancora coincidere. Un altro aspetto va recuperato, quello dello stile, della qualità che scaturisce dal segno di Turlinelli, sobrio ed astratto come è riuscito solo a qualche immagine di fotografi o cineasti. La figura è liberata dalla figurazione. La luce ed il colore sono ricostruite e riorganizzate nell'intensità e durata di una sintesi che si rivela meccanismo morfogenetico. Il ricollocarsi del ruolo della creatività nella società contemporanea dipende dalla capacità di non essere condizionata dallo sviluppo delle tecniche per riconquistare la centralità del rapporto tra l'uomo e la natura, tra l'uomo e lo spazio ed il tempo. Turlinelli continua a proporre questa utopia come mito contro la zona morta della virtualità, contro la dissoluzione "soft" nella rete per la riconquista del sole, dell'aria, dell'acqua, della terra oltre il totalmente digitale, sintetico, simulatorio, con sensorialità "windows" interfacciate e colloquianti, espanse, fluttuanti ed interconnesse. L'esperienza del post-moderno e dei profeti della fine della storia (vicende non paradossalmente parallele quanto esemplari, pur nel loro sostanziale fallimento) ha evidenziato come sempre più forte sia il rischio di veder espropriata l'umanità della sua storia, vale a dire di quella scienza nuova, che da tre secoli è stata strumento di liberazione. L'arte è stata arma poderosa di gioioso ma anche sofferto maneggio per intervenire nel senso di quei valori del bene, del vero e del bello che pur non essendo assolute, come speravano i maestri del Rinascimento, ma relative, quanto formidabili, sovrastrutture, costituiscono il fondamento di un comunicare finalizzato, per nuova stagione dell'Umanesimo. La scommessa di Turlinelli è anche questa: offrirsi, senza mercanti, all'impatto diretto di un pubblico che non può più permettersi di essere preoccupato o distratto solo dai fini di lucro.

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